domenica 3 aprile 2016

Era una di quelle sere


Venerdì al circolo era una di quelle sere.
Era una di quelle sere che non ti va di stare buttato sul divano, sei stanco per leggere e la televisione manda i soliti culi e facce da..
Era una di quelle sere che il cielo notturno non fa vedere le stelle e se esci a fare una passeggiata parte coi rovesci.
Era una di quelle sere che avresti dovuto esser contento perché comincia il weekend, ma ti rendi conto tardi che per quella sera non hai programmato nulla.
Era una di quelle sere che non trovi nessuno per una partitina perché c'è il Florence by Night
Era una di quelle sere che al circolo non ci doveva essere nessuno e invece ..qualcuno c'era.
Io ero già sul malinconico andante: mi trascino per casa, mia moglie fa il turno di notte, la mimma casca dal sonno... sarà la volta buona che apro una vecchia dispensa e poi glielo dirò al maestro "toh guarda che gli ho tolto la polvere da sopra...".
Era una di quelle sere che ti vedi a fare il bravo ragazzo e l'indomani ti sembra una sera sprecata.

Giulo e Paolo impegnati in un blizzino
Sono le nove e trenta, troppo tardi per uscire di casa... ma arriva una foto in chat.
I maestri al circolo fanno una cosa diseducativa: i blizzini. E il diseducativo salva il venerdì da bravo ragazzo. Mollo la mimma ai nonni e salto in macchina.
Per chi non conoscesse i blizzini parto con una domanda: ma che cax ci fate su questo blog? Ma vi do anche la risposta: partite a 3 minuti + 2 secondi a mossa, tempo ufficialmente chiamato blitz.
Tutto istinto e memoria, non c'è tempo per calcolare.
La partita parte sempre corretta ma ad un certo punto diventa la fiera dell'errore. Quel punto dipende da chi sei tu. La mia svolta alla seconda mossa, quella di un maestro magari alla quindicesima o forse dopo ancora.

Era una di quelle sere in cui Giulio Marmili era ispirato. Le sue partite non svoltavano. La squadra di serie A2, meno i più giovani che spendevano il venerdì sera alla maniera moderna, si alternava sul ring in bianco e nero, ma ad uno ad uno venivano messi alle corde da Giulio... e si che lui è il capitano, ma Lazar, Filippo e Paolo non scherzano.
"E' una di quelle sere dove non vedo niente..." dice Paolo. E la tensione si allenta sull'ultimo finale tra Giulio e Lazar che viene rianalizzato per chi non vede niente la maggior parte delle volte: me.
E si che Giulio conosce i suoi guerrieri, con ciascuno di loro prima del campionato si è messo ad analizzare le loro partite e quelle degli avversari. Sa come giocano, si è andato a spulciare le perle e gli scheletri del passato.


Bent Lasen nel 1998
Era una di quelle sere in cui era nell'aria...
Era una di quelle sere in cui spuma e amaro la fanno uscire. Sicché pezzi in mano Giulio la spara fuori più o meno così: "Filippo... ho visto una tua partita in cui hai vinto di bianco in venti mosse contro un certo Bent Larsen..."
"Quel Larsen?" dice qualcuno.
"Quello dell'apertura?" dice qualcun'altro.
Era una di quelle sere in cui la cosa è così sorprendente che non ricordi nemmeno se tu, se qualcuno o qualcun'altro.
Filippo non risponde, guarda la scacchiera, ha un mezzo sorriso e degli occhi che significano -cosavoetechevidicaerapropriolui- ma senza dirlo.
Così tutti a cercare sullo smartphone ed ecco spuntare la partita del 1992:
La partita si commenta da se... quello che non vi troverete scritto è che Filippo è davvero un signore.
Era una di quelle sere in cui la bomba non bastava, doveva arrivare anche la seconda, come Nagasaki dopo Hiroshima.

Nona Gaprindasvili
"E sì che Filippo ha anche lo scalpo della Gaprindashvili..." esplode.
"L'ex campionessa del mondo?" ribatte qualcuno o qualcun'altro.
E Filippo, come a voler scansare l'occhio di bue: "Eh si ma a gioco corretto sarebbe stata patta."
Uno sportivo oltre che un signore.
Ciao a tutti, spero di reincontrarvi in un'altra di quelle sere.
Gabriele Amorelli


Il Maestro Filippo Pieri mentre riceve un premio dal nostro presidente
Gabriele Amorellli in occasione di un recente torneo sociale

1 commento:

  1. Chiamato in causa, devo dire le due cose rimaste impresse di quel fantastico torneo di Milano, 1992 (La Gaprindashvili l'avevo battuta un anno

    prima, ad Aosta, sotto la mitica neviacata), ospite di cari amici.
    La seconda cosa. (tanto ormai è prescritta)
    Ricordo bene lo scossone del treno quando riparte. Lo scossone mi risveglia alle 4 di notte e vedo dal finestrino il cartello azzurro 'Campo

    di Marte' che si muove piano piano. Ma come? Qualche ora fa ho strapazzato all'ultimo turno l'ucraino ed ora mi tocca arrivare ad Arezzo per

    poi tornare indietro chissà quando? No; la decisione è immediata: giacca e valigia; esco in fretta dallo scompartimento; corro per il

    corridoio; apro il portellone (già, all'epoca c'era un maniglione per aprire la porta del treno). Il treno ha preso velocità, ma siamo ancora

    sulla pensilina e la stazione è deserta. Altra decisione istantanea: butto giacca e valigia; ormai i ponti sono tagliati e in perfetto stile

    Indiana Jones, salto.
    Ricordo benissimo la fitta al piede dx e il mondo che comincia a rotolarmi intorno: pensinina (quasi finita), ruotone del treno, lampioni...
    E ricordo che a fatica arrivo a piedi a casa, mi metto a letto, tremo come una foglia e piombo in un dormiveglia sospetto.
    Il resto è cronaca ospedaliera: Careggi; amico medico; visita; lastra; gesso (ma devo metterlo davvero fino al ginocchio? Fino al ginocchio!

    bell'amico); 40 gg con stampella. Ecco.
    La prima cosa. Già la prima. Mi spiace, non ve la posso dire.

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